Mostra Ron Galella


C’è una mostra permeata di sguardo: Ron GALELLA. Paparazzo superstar
aperta a Palazzo Sarcinelli a Conegliano (TV) fino al 29 gennaio 2023.
Constatazione all’apparenza ovvia dato che si tratta di una carrellata di 180 – strepitose – fotografie dell’italoamericano “fotografo delle stelle”, e dato che un fotoreporter ha per missione quella di mostrare, di ritrarre la realtà.
Invece, in questa carrellata tra le immagini e nel tempo, risulta evidente che non si guarda quello che si vede.
Chi volesse intendere il concetto lacaniano di schisi tra l’occhio e lo sguardo può trovare in questa mostra più di uno spunto di lettura, oltre ogni riduzionismo da divulgazione accademica: piuttosto che una spiegazione, troverà una sorprendente piega delle cose,
Galella, nelle sue fotografie, ci mostra qualcosa che va oltre quello che si vede.
Tutt’altro che una galleria di ritratti in cui riconoscere il personaggio, rassicurante nella sua presunta identità, artefatto e immobile come solo un’immagine senza tempo può apparire.
A ogni passo, in questa mostra, eccedenza, straripamento dal visibile e perfino dal visivo.
Movimento, incessante. Anche incalzante.
Passando di sala in sala, pur rapiti dalla singolarità e dalla bellezza di queste istantanee, non si sta a guardare, non ci si ferma. Si è sospinti, anzi, verso la prossima, sempre più incuriositi; e, letteralmente contagiati da questo movimento, si attraversa l’intera esposizione in un lampo – al termine 180 fotografie in poco più di 40 minuti!.
Eppure nulla di trascurabile, di scontato, nessuna stereotipia: in ciascuna ripresa trascorre l’indimenticabile. Un tratto che lavora ciascun ritratto. Si ha la sensazione di soffermarsi sull’irripetibile, senza possibile stazionamento.
Le immagini s’inanellano in una fuga che le sbalza di fronte proprio dove l’osservatore smarrisce il punto d’osservazione. Sorprendenti nonostante la notorietà, anzi la fama, delle persone fotografate che porterebbe a considerarle note, conosciute data la frequenza con cui ci vengono presentate sui media.
Nonostante la notorietà, Ron ne ritrae l’aspetto sconosciuto che, per un attimo, balena, ma è già oltre l’immagine che ci consegna e che ne resta marcata. Aspetto ignoto in primo luogo alle celebrità stesse che appaiono puntualmente sorprese nell’istante dello scatto.
Sorpresa che, straripando, avvolge e un po’ travolge lo spettatore. Di fronte a queste foto sembra di essere catturati, di far parte della scena, di trovarci lì, fianco a fianco con Jaqueline Kennedy, Andy Wharol, Marlon Brando, Grace Jones, John Lennon e altri, altri…
Da qui la sensazione di freschezza, di leggerezza, senza nessuna vacuità.
Ogni scatto di Galella rinnova per noi questo transfert, questa trasposizione in cui l’immagine si dà, e ci riguarda.
Sarebbe riduttivo pensare questa mostra come un fatto di costume, come documentazione di un’epoca passata, come malinconica celebrazione di un “come eravamo”.
Galella non concede e non si concede alcun voyeurismo: impossibile stare a guardare. Una bella lezione per tutti quei reporter dei nostri giorni che credono di poter confinare lo sguardo in una serratura proponendoci come verità il “verissimo” della pruderie e del pettegolezzo.
Inarrivabile, invece, l’ironia di questo immenso fotografo che si fa fotografare mentre… fotografa. A dire che nessun punto di vista può economizzare lo sguardo separando chi guarda da chi è guardato.
Davvero emblematico, in questo senso, lo scatto di qualche istante successivo a quello ultra famoso che sorprende Jaqueline Kennedy – che non a caso Galella chiama la “mia ossessione” – con i capelli scompigliati dal vento: Windblow Jackie.
Qui vediamo il reporter che sembra quasi danzare attorno a Jackie come se non si potesse ritrarla senza farsi ritrarre con lei. Non si può ritrarre senza essere attratti, coinvolti.
Di questo dà testimonianza un’altra foto che, questa volta non è lui a scattare ma nella quale è, a sua volta, ritratto. E avvia una fuga delle immagini dove lo sguardo si manifesta a perdita d’occhio, nell’impossibilità di stabilire il punto di vista, il punto di osservazione. Non a caso in questa fotografia Jaqueline Kennedy ha già indossato gli occhialoni scuri che qualche istante prima, Windblow Jackie, teneva ancora richiusi nella mano. A dire che l’istante dello sguardo c’è già stato non può essere visto né rivisto.
Questione di un istante.
E’ quello cui Galella ci rimanda e che ci suggerisce nella gigantografia all’entrata della mostra: lui che, con un balzo, entra in scena.
Impossibile stare a guardare. Come guardare, allora? Correndo. Andando: non seguendo o inseguendo. Andando incontro, andando a fianco. Senza rincorrere … correndo.
In questa mostra si dà uno sguardo. Andate.
Dr. Angelo Varese